I Comitati acqua bene comune dell'Emilia Romagna sulla recente presa di posizione su Iren della
Cgil Emilia Romagna.
A pochi
giorni dallo sciopero generale e delle manifestazioni del 12 dicembre 2014 di
CGIL e UIL, alle quali hanno partecipato i Comitati Acqua Bene Comune Emilia
Romagna in modo pubblico e visibile, ci riteniamo in dovere di esprimere il
nostro dissenso sulle conclusioni alle quali la CGIL Emilia Romagna giunge dopo
una analisi e alcune considerazioni condivisibili su IREN ed il suo ruolo nella
gestione dei servizi Pubblici Locali.
La Cgil
nazionale e diverse strutture territoriali fra le quali anche la CGIL Emilia
Romagna e numerose Camere del Lavoro, dopo il Referendum del 2011 (che aveva
contribuito a promuovere) prese posizione a favore della gestione pubblica
dell’acqua, con aziende di diritto pubblico e fuori da logiche di profitto. La
Camera del lavoro di Reggio, in occasione del recente congresso, ha confermato
questo orientamento esprimendosi favorevolmente alla decisione dei sindaci di
scorporare il Servizio Idrico da Iren e procedere al suo affidamento in provincia di Reggio ad
un’Azienda Speciale di diritto pubblico. Leggere quindi sulla stampa che “La
Cgil regionale è contraria al processo di ripubblicizzazione dell’acqua avviato
a Reggio”, ci disorienta a dir poco.
Nel
comunicato della Cgil regionale leggiamo anche cose condivisibili:
l’indignazione per la vicenda del “dimissionamento” dell’Amministratore
Delegato e la critica a diversi aspetti cruciali del “modello Iren”, ma poi si
invitano i sindaci, piuttosto che a procedere con la ripubblicizzazione
dell’acqua, a “riflettere fino in fondo sull’esperienza Iren”, invitandoli a
restare in Iren stessa chiedendo una
maggiore autonomia attraverso il rilancio di Iren Emilia (equivalente all’ex-Enia: Reggio Emilia,
Parma e Piacenza), oggi una scatola vuota.
A parte
l'imprecisione di considerare equivalenti le decisioni dei sindaci Reggiani
(Azienda Speciale Pubblica) presa dopo una impegnativa e ricca istruttoria
pubblica e quella dei Sindaci Piacentini assunta contro la maggioranza
referendaria e le associazioni (Azienda mista pubblico-privata a maggioranza
privata) - la verosimiglianza di questa proposta è molto opinabile, ci pare del
tutto contradditorio invocare la ri-territorializzazione dei servizi, ma allo
stesso tempo dirsi “convinti che continuare i processi aggregativi tra le
multiutility, privilegiando la costituzione di grandi aziende multi servizi,
sia la strada giusta”. In tutta la regione è forte la contestazione al modello
delle multiutility quotate in borsa ad esempio a Reggio Emilia è nato un
“Tavolo NO Maxiutility, SI ripubblicizzazioni”, trasversale e apartitico, a cui
aderisce anche il Comitato Acqua Bene Comune, proprio per contrastare quel
processo di concentrazione ulteriore attraverso fusioni, verso cui il Governo
ci sta spingendo, che rappresenterà la definitiva perdita secca di autonomia e
di sovranità da parte dei sindaci. Altro che “strada giusta” !
Beninteso,
non tutte le gestioni pubbliche sono esemplari, soprattutto quando viziate da
clientelismo o eccessivamente frammentate, ma è inaccettabile (perchè
semplicemente falso) il principio aprioristico per cui più è grande il gestore,
maggiore è l’efficienza del servizio.
Esistono gestori interamente
pubblici, indipendenti dalle grandi multiutiltiy, a Nord come a Sud, che
gestiscono l’acqua e i rifiuti (da soli o insieme) in modo ineccepibile, nell’interesse dei cittadini e dell’ambiente e fuori da logiche di
profitto.
E'
da tempo che i Comitati acqua bene comune chiedono una riflessione sul modello
incarnato da HERA ed IREN nella nostra regione.
A
nostro avviso il progetto di arrivare progressivamente a concentrare la
gestione dei Servizi Pubblici Locali (SPL) nelle mani di pochissimi
soggetti gestori: le grandi multiutility
quotate in borsa (Hera, Iren, Acea e A2A), che si spartiranno tutto il
territorio nazionale per poi magari essere assorbite a loro volta dalle grandi
multinazionali, è inaccettabile.
Proprio
perché i vizi capitali di questi soggetti
sono ormai sotto gli occhi di tutti (anche della Cgil regionale): indebitamento
patologico – spesso praticato per garantire alti dividendi agli azionisti
pubblici e privati - , aumento delle tariffe, mancanza di trasparenza – in
ossequio alle logiche della Borsa come ci ricorda la Funzione Pubblica CGIL che apre una causa per
comportamento antisindacale contro IREN - , criteri inaccettabili di
remunerazione del top management, incompatibilità ambientale, riduzioni del
personale, appalti al massimo ribasso, finanziarizzazione spinta...
Come
si fa a dire che si migliora il profilo industriale della gestione dei servizi
solo attraverso la crescita dimensionale dell'impresa; e quale è la dimensione
ottimale? Studi indipendenti dicono che il massimo di efficacia nella gestione
del servizio idrico lo si ha per bacini attorno al mezzo milione di utenti con
gestione monoutility e che anche le economie di scala non funzionano più
superata una certa soglia dimensionale. Per non dire del rapporto col
territorio che richiede modelli di governance incardinati sui comuni con una
logica di prossimità che tenga assieme capacità di governo e architetture
tecnico-professionali. Ci sarà un motivo legato alla forma societaria – SPA
quotate in borsa – per cui gli obiettivi di profitto e di rendita finanziaria
diventano un ostacolo insormontabile al miglioramento del servizio, alla tutela
dell'ambiente, alla realizzazione degli investimenti necessari a quel
territorio, al contenimento delle bollette ed alla democrazia (nel lavoro,
nelle relazioni sindacali e nel governo del territorio)
Ma
soprattutto, cedere i Servizi Pubblici Locali a questi soggetti significa per i Comuni rinunciare definitivamente alla loro sovranità, al
controllo del loro territorio e al rapporto diretto con i loro cittadini (che
non recupereranno certo attraverso una sub-holding regionale o con aziende come
HERA in continua crescita dimensionale e che hanno cancellato le Società
operative territoriali e divisionalizzato il servizio ). Non è
questo che vogliamo per il territorio dell'Emilia Romagna.
Insistiamo quindi perché venga portato a
termine prima possibile il processo di ripubblicizzazione dell’acqua e perché
si apra un percorso analogo anche per la gestione dei rifiuti a Reggio Emilia,
ed in tutta l'Emilia Romagna.
La
partecipazione dei cittadini e dei
lavoratori del servizio dovrà avere un ruolo fondamentale, non
solo per cercare le migliori soluzioni organizzative, tariffarie e ambientali,
ma per garantire la trasparenza della gestione e sottrarla a logiche
clientelari, a partire dai criteri di nomina e di remunerazione del Consiglio
di Amministrazione e degli organi di controllo.
Chiediamo
quindi alla CGIL Emilia Romagna, un supplemento di discussione, anche
attraverso uno specifico incontro con i Comitati Acqua Bene comune Emilia
Romagna, al fine di chiarire le rispettive posizioni, e speriamo anche per
trovare punti sostanziali di convergenza su obiettivi comuni a partire dal
contrasto alle misure del Governo nella Legge di Stabilità e nello Sblocca
Italia
I Comitati Acqua Bene
Comune Emilia Romagna