lunedì 29 dicembre 2014

Acqua pubblica, in Emilia la Cgil difende la multiutility. Comitati: “Iren ha fallito”

A Reggio Emilia il percorso avviato da anni per la pubblicizzazione dell’acqua divide Cgil e Comitato provinciale reggiano Acqua bene comune. La città emiliana dopo il referendum del 2011 ha imboccato la strada per la costituzione di una società in house per la gestione del servizio idrico, uscendo dalla multiutility Iren. Un processo da sempre sostenuto da Cgil nazionale e non ancora terminato, ma su cui ora Cgil regionale sembra avere ripensamenti. Proprio pochi giorni fa infatti il sindacato ha auspicato una maggiore autonomia per l’azienda che offre servizi pubblici a Reggio Emilia, Parma e Piacenza, definendo però i processi aggregativi tra le utility come la strada giusta per investimenti e miglioramento dei servizi, e chiedendo allo stesso tempo anche di ritornare a un radicamento nel territorio. A denunciarlo è il comitato Acqua bene comune: “Leggere sulla stampa che ‘la Cgil regionale è contraria al processo di ripubblicizzazione dell’acqua avviato a Reggio’, ci disorienta a dir poco” spiegano dal comitato. “Piuttosto che a procedere con la ripubblicizzazione dell’acqua, si invitano i sindaci a ‘riflettere fino in fondo sull’esperienza Iren, invitandoli a restare in Iren stessa chiedendo una maggiore autonomia attraverso il rilancio di Iren Emilia, oggi una scatola vuota”.
Un cambio di rotta che il comitato fatica a interpretare, proprio ora in cui la battaglia promossa dai cittadini punta non solo contro le multiutility e Iren, ma anche contro il progetto delle maxiutility previsto dallo Sblocca Italia e dalla Legge di stabilità. Dopo il presidio contro la buonuscita da 900mila euro all’ad Nicola De Sanctis, che aveva portato sotto il Comune reggiano oltre 300 persone, è nato il tavolo “No maxiutility, sì ripubblicizzazioni” che riunisce comitati cittadini per l’acqua e i rifiuti, Anpi, Cisl, Cgil e Federconsumatori. Nella città per anni guidata dal sottosegretario Graziano Delrio, che aveva portato alla creazione della multiutility Iren, i cittadini fanno sentire la propria contrarietà alla gestione privata dei beni comuni, dall’acqua ai rifiuti. “Il modello Iren è fallito dal punto di vista industriale e finanziario, e soprattutto non risponde ai bisogni dei cittadini” spiega Francesco Fantuzzi, del comitato. “Il paradosso – continua – è che gli amministratori che anni fa ci hanno portato a Iren, ora spingono per la fusione con altre società”.
Maxiutility quotate in borsa e in cerca di profitto al posto delle multiutility, che però per i cittadini hanno già fallito. Al centro del percorso c’è la ripubblicizzazione dell’acqua, come espresso dal referendum, con aziende di diritto pubblico che non seguano logiche di profitto. A Reggio Emilia si lavora per questo, anche se la strada è tortuosa e ostacolata dalla burocrazia: “La politica deve imporsi, perché il prezzo non può essere stabilito da Iren – spiega Fantuzzi – L’acqua non è un bene di mercato, il prezzo non può farlo una società basandosi sui costi”. La strategia è cambiare mentalità, anche sul tema dei rifiuti, che vanno considerati beni comuni. Il nuovo soggetto, politico ma apartitico, è stato presentato nei giorni scorsi e si stanno raccogliendo nuove adesioni tra i cittadini, ma l’appello è soprattutto alla politica: “Vogliamo che i sindaci si esprimano – aggiunge Fantuzzi – che dicano da che parte stanno sulla gestione rifiuti e acqua”.
fonte Il  Fatto Quotidiano.

giovedì 18 dicembre 2014

Iren Hera rubbano?



I Comitati acqua bene comune dell'Emilia Romagna sulla recente presa di posizione su Iren della Cgil Emilia Romagna.
                A pochi giorni dallo sciopero generale e delle manifestazioni del 12 dicembre 2014 di CGIL e UIL, alle quali hanno partecipato i Comitati Acqua Bene Comune Emilia Romagna in modo pubblico e visibile, ci riteniamo in dovere di esprimere il nostro dissenso sulle conclusioni alle quali la CGIL Emilia Romagna giunge dopo una analisi e alcune considerazioni condivisibili su IREN ed il suo ruolo nella gestione dei servizi Pubblici Locali.
                La Cgil nazionale e diverse strutture territoriali fra le quali anche la CGIL Emilia Romagna e numerose Camere del Lavoro, dopo il Referendum del 2011 (che aveva contribuito a promuovere) prese posizione a favore della gestione pubblica dell’acqua, con aziende di diritto pubblico e fuori da logiche di profitto. La Camera del lavoro di Reggio, in occasione del recente congresso, ha confermato questo orientamento esprimendosi favorevolmente alla decisione dei sindaci di scorporare il Servizio Idrico da Iren e procedere al  suo affidamento in provincia di Reggio ad un’Azienda Speciale di diritto pubblico. Leggere quindi sulla stampa che “La Cgil regionale è contraria al processo di ripubblicizzazione dell’acqua avviato a Reggio”, ci disorienta a dir poco.
                Nel comunicato della Cgil regionale leggiamo anche cose condivisibili: l’indignazione per la vicenda del “dimissionamento” dell’Amministratore Delegato e la critica a diversi aspetti cruciali del “modello Iren”, ma poi si invitano i sindaci, piuttosto che a procedere con la ripubblicizzazione dell’acqua, a “riflettere fino in fondo sull’esperienza Iren”, invitandoli a restare in Iren stessa  chiedendo una maggiore autonomia attraverso il rilancio di Iren Emilia  (equivalente all’ex-Enia: Reggio Emilia, Parma e Piacenza), oggi una scatola vuota.
                A parte l'imprecisione di considerare equivalenti le decisioni dei sindaci Reggiani (Azienda Speciale Pubblica) presa dopo una impegnativa e ricca istruttoria pubblica e quella dei Sindaci Piacentini assunta contro la maggioranza referendaria e le associazioni (Azienda mista pubblico-privata a maggioranza privata) - la verosimiglianza di questa proposta è molto opinabile, ci pare del tutto contradditorio invocare la ri-territorializzazione dei servizi, ma allo stesso tempo dirsi “convinti che continuare i processi aggregativi tra le multiutility, privilegiando la costituzione di grandi aziende multi servizi, sia la strada giusta”. In tutta la regione è forte la contestazione al modello delle multiutility quotate in borsa ad esempio a Reggio Emilia è nato un “Tavolo NO Maxiutility, SI ripubblicizzazioni”, trasversale e apartitico, a cui aderisce anche il Comitato Acqua Bene Comune, proprio per contrastare quel processo di concentrazione ulteriore attraverso fusioni, verso cui il Governo ci sta spingendo, che rappresenterà la definitiva perdita secca di autonomia e di sovranità da parte dei sindaci. Altro che “strada giusta” !
                Beninteso, non tutte le gestioni pubbliche sono esemplari, soprattutto quando viziate da clientelismo o eccessivamente frammentate, ma è inaccettabile (perchè semplicemente falso) il principio aprioristico per cui più è grande il gestore, maggiore è l’efficienza del servizio.
                Esistono gestori interamente pubblici, indipendenti dalle grandi multiutiltiy, a Nord come a Sud, che gestiscono l’acqua e i rifiuti (da soli o insieme) in modo ineccepibile, nell’interesse dei cittadini e dell’ambiente e fuori da logiche di profitto.
                E' da tempo che i Comitati acqua bene comune chiedono una riflessione sul modello incarnato da HERA ed IREN nella nostra regione.  
                A nostro avviso il progetto di arrivare progressivamente a concentrare la gestione dei  Servizi Pubblici Locali (SPL) nelle mani di pochissimi  soggetti gestori: le grandi multiutility quotate in borsa (Hera, Iren, Acea e A2A), che si spartiranno tutto il territorio nazionale per poi magari essere assorbite a loro volta dalle grandi multinazionali, è inaccettabile.
                Proprio perché i vizi capitali di questi soggetti sono ormai sotto gli occhi di tutti (anche della Cgil regionale):  indebitamento patologico – spesso praticato per garantire alti dividendi agli azionisti pubblici e privati - , aumento delle tariffe, mancanza di trasparenza – in ossequio alle logiche della Borsa come ci ricorda la Funzione Pubblica CGIL che apre una causa per comportamento antisindacale contro IREN - , criteri inaccettabili di remunerazione del top management, incompatibilità ambientale, riduzioni del personale, appalti al massimo ribasso, finanziarizzazione spinta...

                Come si fa a dire che si migliora il profilo industriale della gestione dei servizi solo attraverso la crescita dimensionale dell'impresa; e quale è la dimensione ottimale? Studi indipendenti dicono che il massimo di efficacia nella gestione del servizio idrico lo si ha per bacini attorno al mezzo milione di utenti con gestione monoutility e che anche le economie di scala non funzionano più superata una certa soglia dimensionale. Per non dire del rapporto col territorio che richiede modelli di governance incardinati sui comuni con una logica di prossimità che tenga assieme capacità di governo e architetture tecnico-professionali. Ci sarà un motivo legato alla forma societaria – SPA quotate in borsa – per cui gli obiettivi di profitto e di rendita finanziaria diventano un ostacolo insormontabile al miglioramento del servizio, alla tutela dell'ambiente, alla realizzazione degli investimenti necessari a quel territorio, al contenimento delle bollette ed alla democrazia (nel lavoro, nelle relazioni sindacali e nel governo del territorio) 

                Ma soprattutto, cedere i Servizi Pubblici Locali a questi soggetti significa per i Comuni rinunciare  definitivamente alla loro sovranità, al controllo del loro territorio e al rapporto diretto con i loro cittadini (che non recupereranno certo attraverso una sub-holding regionale o con aziende come HERA in continua crescita dimensionale e che hanno cancellato le Società operative territoriali e divisionalizzato il servizio ).                Non è questo che vogliamo per il territorio dell'Emilia Romagna.
Insistiamo quindi perché venga portato a termine prima possibile il processo di ripubblicizzazione dell’acqua e perché si apra un percorso analogo anche per la gestione dei rifiuti a Reggio Emilia, ed in tutta l'Emilia Romagna.
                La partecipazione dei cittadini e dei lavoratori del servizio dovrà avere un ruolo fondamentale, non solo per cercare le migliori soluzioni organizzative, tariffarie e ambientali, ma per garantire la trasparenza della gestione e sottrarla a logiche clientelari, a partire dai criteri di nomina e di remunerazione del Consiglio di Amministrazione e degli organi di controllo.

                Chiediamo quindi alla CGIL Emilia Romagna, un supplemento di discussione, anche attraverso uno specifico incontro con i Comitati Acqua Bene comune Emilia Romagna, al fine di chiarire le rispettive posizioni, e speriamo anche per trovare punti sostanziali di convergenza su obiettivi comuni a partire dal contrasto alle misure del Governo nella Legge di Stabilità e nello Sblocca Italia

I Comitati Acqua Bene Comune Emilia Romagna

martedì 2 dicembre 2014

La Spinta

Oggi BIANCO nuovo AD di Iren
Sostituisce De Sanctis dopo un'ampia consultazione democratica e partecipativa (?) fra tre sindaci.De Sanctis lascia con "soli" 950.000 euro di buonuscita per 17 mesi di duro lavoro
Intanto crescono gli utili di Iren, mentre gli investimenti languono e il diritto all'acqua continua a essere negato

Come largamente anticipato dalla stampa, "il “Comitato dei Sindaci” – composto da Marco Doria, Sindaco di Genova, Piero Fassino, Sindaco di Torino e Luca Vecchi, Sindaco di Reggio Emilia – ha unanimemente designato Massimiliano Bianco quale nuovo Amministratore Delegato" di Iren SpA (dal Comunicato Iren del 27 novembre).
Il CDA di Iren ratificherà la nomina , lunedì 1 dicembre. Massimiliano Bianco sostituirà Nicola De Sanctis, che peraltro continuerà a lavorare per Iren.
De Sanctis riceverà, per essere stato 17 mesi AD di Iren, una buonuscita di 950.000 euro lordi. Inoltre potrà continuare a lavorare per Iren fino al 31 dicembre 2015, con il compenso di 400.000 € annui. Non si può dire che questi top-manager non sappiano condurre gli affari, specialmente quando si tratta dei propri.
Gli succede Massimiliano Bianco, che si dice sia stato dimesso l'anno scorso dall'acquedotto pugliese, di cui era direttore,  a seguito di una indagine della Guardia di Finanza su alcuni rimborsi consistenti in “pranzi, cene, trasferte e acquisti di mobili”, concessi a Ivo Monteforte, ex amministratore unico dell’Acquedotto Pugliese. Nominato nel 2012 dalla Regione Puglia, Monteforte venne rimosso dall’incarico a seguito della conversione illegittima del rapporto di lavoro di Bianco - da otto anni alla dirigenza dell’AQP - passato da tempo determinato a tempo indeterminato. A disposizione dell’ex direttore Bianco- così leggiamo su un quotidiano - una Audi A6 aziendale, una casa in fitto nel Murattiano, pur risiedendo a pochi chilometri da Bari, ovvero a Gioia, ed uno stipendio di 237 mila e 900 euro lordi annui, oltre a 48mila euro di premio di produzione.
Forse per questi meriti Bianco (ma il condizionale è d'obbligo) sarebbe stato ricompensato con la presidenza di Federutility, l'associazione delle società che gestiscono servizi pubblici, e ora diventa capo azienda di Iren.
Come comitati non possiamo fare a meno di rilevare l'opacità e l'antidemocraticità di scelte così importanti affidate alla trattativa tra tre sindaci, due della stessa parte politica, il terzo come lo fosse. La stessa parte politica che ha creato Iren e usa le istituzioni per incrementare le fortune del partito-azienda.
Perfino i Consigli Comunali sono esclusi dalle decisioni più importanti, figurarsi i cittadini! L'unica "partecipazione" che funziona è quella con le lobby.
Intanto il Parlamento, dominato dalle suddette lobby politico-affaristiche, ha bocciato la norma che impediva i distacchi dell'acqua. Famiglie con bambini possono restare senz'acqua, l'importante è salvaguardare i dividendi di Iren e le buonuscite dei manager. Il prezzo dell'acqua continua a salire, gli utili e i dividendi di Iren ad aumentare, mentre gli investimenti sono fermi.
La legge regionale di iniziativa popolare, che applica (per quanto possibile) in ambito ligure le decisioni del referendum 2011, dopo nemmeno due mesi dal lancio della campagna, e nonostante le alluvioni, ha ormai quasi raggiunto le 5.000 firme necessarie.
Restano ancora quattro mesi di tempo ai cittadini per firmare ai banchetti oppure presso la segreteria comunale.
Facciamo sentire la nostra voce. Oggi con le firme, domani con gli altri e più efficaci  mezzi che questa democrazia, ancorché traballante, mette ancora nostra disposizione.

Genova, 1 dicembre 2014                                   Comitato Acqua Bene Comune - Genova