sabato 10 agosto 2013

Dalla parte di chi?

In questi giorni, circa 500 braccianti agricoli africani si sono stabiliti in un campo abusivo a Saluzzo per la raccolta della frutta.Precedentemente erano stati cacciati dalle autorità, ma vi hanno fatto ritorno, allacciandosi alla rete idrica comunale per far fronte al caldo torrido di agosto. Il comune ha prontamente tolto l’acqua al campo; ma, dopo una decisa protesta degli africani, ha concesso loro una fontana per bere (vietando di usarla per lavarsi o per pulire oggetti).
La reazione alla vicenda è stata la tipica indignazione per l’ostentazione di un’oscenità, lo scandalo creato dalla messa in mostra di ciò che doveva restare coperto. La manifestazione degli africani ha reso visibile qualcosa che si trovava nel “rimosso”, nell’invisibile. Il contenuto rimosso dell’Occidente è la necessità della povertà del terzo e quarto mondo al fine di mantenere un livello di alto benessere. Come sanno gli psicanalisti o quelli che conoscono i principi generali della materia, mettere il paziente di fronte al suo contenuto rimosso provoca una reazione di disagio, fastidio, repulsione, negazione. Sono state proprio queste le sensazioni avute da alcuni degli abitanti di Saluzzo che si sono trovati di fronte alla manifestazione. Il quotidiano online della provincia di Cuneo “targatocn.it” ha pubblicato una lettera di uno di loro, con il titolo “Il profondo senso di fastidio di un saluzzese per l’occupazione della rotonda (e gli insulti) da parte dei migranti”.
Il testo esordisce con il classico velo di ipocrisia, la negazione preventiva di razzismo, l’implicita dichiarazione d’amore verso il regime del puro e ingenuo ideale liberale:
Da sempre ritengo che ogni essere umano di buona volontà e di buoni costumi debba esser ben accolto in Italia
Poi, la vera e propria dichiarazione di razzismo:
Transitando nel tratto di strada appena richiamato però il sentire “Italia Razzista”, “Italiani Merda” e “Fuck You”… pronunciato da alcuni (non pochi ahimè) di questi, che mi sia permesso non posso considerare manifestanti, mi ha veramente urtato.
Spero le forze dell’ordine siano intervenute, personalmente, pur essendo le frasi indirizzate anche al sottoscritto, come a molti altri passanti “non di colore”, non ho ritenuto di far identificare i soggetti e querelare i medesimi, pur essendovene gli estremi…
Mi chiedo se sia civile un paese come il nostro, o semplicemente debole, per non dire stupido, quanti di noi (pur sperando che tali comportamenti all’estero i nostri connazionali li evitino se non altro per maggior senso di educazione) si sarebbero potuti permettere un simile comportamento in uno degli stati da dove queste persone provengono? Se non una reciprocità totale, essendo sicuramente lo sviluppo delle diverse nazioni non omogeneo, almeno l’esigere rispetto per il paese che “Ti ospita” credo sia un atto dovuto.
I manifestanti non sono considerati tali, perché non hanno il diritto di essere arrabbiati né di usare violenza verbale. Eppure, bisognerebbe notare che il costante sforzo della comunità locale per rimuovere (in tutti i sensi) gli africani ha fatto dell’esplosione rabbiosa l’unico modo per raggiungere il piano della visibilità. È con l’occupazione della rotonda che hanno potuto dire “ci siamo anche noi, abbiamo la nostra dignità”; il fastidio di alcuni cittadini è la prova della presenza di un nuovo soggetto, che occupa spazio e reclama un suo diritto (in questo caso, quello dell’acqua).
L’argomentazione della “mancata reciprocità” è tipica del razzismo: se un tale comportamento, tenuto da alcuni italiani in uno dei loro stati, non è tollerato, perché noi dovremmo tollerare le loro intemperanze a casa nostra? Se lo facciamo, dimostriamo di essere una civiltà superiore; se non lo facciamo, siamo quantomeno nel giusto (della legge del taglione). Questa argomentazione potrebbe avere un senso se le condizioni di partenza dei gruppi in questione fossero uguali. Ma è ovvio che non è così: gli italiani non manifesteranno mai in Namibia per avere dell’acqua; al contrario, la povertà estrema di alcuni immigrati è una condizione sufficiente per venire a reclamare dell’acqua in Italia, senza dimenticare il fatto che il nostro tenore di vita è possibile grazie allo stato di povertà in cui si trova 2/3 del pianeta. Quindi, prima di esigere rispetto per il paese che ospita, ci si dovrebbe preoccupare di garantire il rispetto per la dignità delle persone, a partire dall’acqua.
Sarebbe bene pertanto che queste persone ( sia i manifestanti che quegli altri) prima di pretendere dall’Italia casa e soldi, provassero ad offrire qualcosa alla nostra nazione…
Riterrei giusto fossero puniti coloro che approfittano della situazione di certi immigrati, sicuramente soggetti deboli, almeno nel periodo iniziale della permanenza in Italia, ma al contempo che fossero allontanati, con provvedimenti certi ed efficaci, tutti coloro che in Italia son giunti, non per lavorare, ma per cercare di esser “assistiti” o peggio per vivere (volontariamente) ai margini della società!
In queste righe è condensato l’ottimo risultato raggiunto dalla mistificazione ideologica liberalista: la richiesta di usufruire dell’acqua pubblica da parte di regolari immigrati africani, impiegati come forza lavoro nei campi, diventa la pretesa di “casa e soldi” di chi non offre niente alla nazione; l’intenzione di diventare a pieno titolo soggetti portatori di diritti viene ideologicamente distorta e tradotta nell’intenzione di “vivere volontariamente ai margini”. Sono questi gli occhiali deformanti con cui gli europei giudicano la propria società.
Il corrispettivo visibile di questa oscenità venuta fastidiosamente alla luce è l’indignazione pubblica per le discriminazioni etniche: dalla solidarietà al ministro Kyenge per i comportamenti di alcuni esponenti della Lega Nord all’indignazione per i cori razzisti negli stadi, un velo di retorica ipocrita nasconde il razzismo brutale che regge le fondamenta del benessere capitalista. Da un lato si penalizza chi insulta il nero, dall’altro si chiude il rubinetto dell’acqua in pieno agosto a dei lavoratori africani senza alloggio, cercando di allontanarli il più possibile dal terreno dell’esistente. Rendendo invisibile la violenza strutturale, di sistema, e condannando pubblicamente la violenza “soggettiva” (l’intolleranza di alcuni tifosi, gli insulti razzisti di singoli individui, ecc.), l’attuale società capitalista può farsi accettabile e può perfino assumere l’aspetto (profondamente illusorio) del pacifismo, della tolleranza e dell’uguaglianza, mistificando così l’inconfessabile verità: le esplosioni di violenza “soggettiva” sono un prodotto dello stesso sistema che le condanna.

domenica 4 agosto 2013

Pinocchio della cola

La filiale italiana delle multinazionale Usa riconosce alle Regioni poche decine di migliaia di euro in cambio dell'acqua che utilizza per produrre bevande, oltre 2.4 miliardi di litri. Una vicenda che ci riguarda da vicino: uno degli stabilimenti Coca Cola, infatti, è ad Oricola teatro, tra l’altro, di aspre battaglie del lavoratori per evitare i previsti esuberi.

Altreconomia ha scoperto la “formula segreta” della Coca-Cola: la bevanda più famosa al mondo è fatta d'acqua, e questo ingrediente chiave costa quasi “zero” alla multinazionale. L'acqua di falda, anche di quella profonda e di ottima qualità, può essere prelevata in cambio di un canone demaniale.

Il principale stabilimento di Coca-Cola HBC Italia, 1,099 miliardi di euro di fatturato nel 2012, quello di Nogara, in provincia di Verona, può prelevare oltre 1,25 miliardi di litri d'acqua in cambio di un canone annuo di 13.406 euro alla Regione Veneto. Quello di Gaglianico (Bl), in Piemonte, è di 3.647 euro per 660 milioni di litri. In Abruzzo, derivare una portata di 50 litri al secondo dalla falda profonda costa circa 15mila euro all'anno. Ecco che cosa rende davvero light la Coca-Cola.

E grazie alla compravendita del concentrato (l'ingrediente che trasforma l'acqua in Coca-Cola), parte del reddito prodotto in Italia viene trasferito alla casa madre, The Coca-Cola Company. Una società che ha uffici da Atlanta ma sede fiscale in Delawere, Stato Usa dalla fiscalità agevolata. E che ha chiuso il 2012 con un fatturato di 48 miliardi di dollari e ben 9 miliardi di utili.

Sullo sfondo dell'inchiesta presentata da Luca Martinelli nel video restano le vertenze sindacali negli stabilimenti di Nogara (Vr) ed Oricola (Aq), legati al piano di ristrutturazione aziendale che prevede 355 esuberi in tutta Italia.

sabato 3 agosto 2013

Quando il sindaco è in conflitto......forse di interessi


Ci vogliamo occupare di alcune dichiarazioni del ns. sindaco che unite alle strane modalità scelte per i percorsi partecipati non ci trovano d'accordo.........


Piano regionale dei rifiuti, Dosi: "L'orizzonte temporale dell'impianto di Tecnoborgo é ben più lungo rispetto al 2020

«Per essere chiari, l'orizzonte temporale dell'impianto di Tecnoborgo é ben più lungo rispetto al 2020.
 Si tratta di impianti su cui é in corso un processo di ammortamento finanziario e, nello stesso tempo, con una vita utile fortemente condizionata dagli interventi di manutenzione straordinaria ed ordinaria, che sono stati sempre molto intensi nell'impianto di Borgoforte. 
Sarebbe uno spreco insostenibile il sottoutilizzo dell'impianto e la sua chiusura non può essere affrontata facendo partire oggi un inutile conto alla rovescia».



Vorremmo ricordare che la normativa europea prevede una soluzione temporale diversa e che per il principio della sussidiarietà il ns. beneamato si ritroverà a gestire qualche patata in più.
Iniziare invece a discutere della dismissione o della riconversione è così difficile?